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Sito a cura del Dott. Salvatore Pollina

 

Monitoraggio ed altri esami utili.

 

Il monitoraggio del feto

Si tratta di un esame semplice ma al tempo stesso molto importante, che, al termine della gravidanza, permette al ginecologo e all'ostetrica di verificare che il piccolo nel pancione stia bene.

Che cos'è.

E il monitoraggio del battito cardiaco del feto (o cardiotocografia) è un esame che registra la frequenza delle pulsazioni del cuore (cioè il loro numero al minuto) e la loro variazioni allo stesso tempo rileva la presenza di contrazioni dell'utero. L'esame non comporta rischi né per la mamma né per il feto. Il monitoraggio si effettua con un apparecchio, il cardiotocografo. L'apparecchio è costituito da una specie di "scatola", a cui sono collegati due piccoli strumenti (i rivelatori o trasduttori) e due fasce elastiche (per fissare gli estremi al corpo della donna). Dalla "scatola" esce una striscia di carta, su cui viene registrato l'esito dell'esame.

Come si che segue.

Il ginecologo o l'ostetrica fa accomodare la gestante sul lettino o su una poltrona, con il ventre scoperto, e le applica sull'addome i due rivelatori fissandoli con due fasce elastiche. Il primo è un rivelatore a ultrasuoni del battito cardiaco, e va collocato nel punto dove si ha una migliore percezione del battito del feto, cioè a livello del dorso del bimbo. Il rilevatore registra le variazioni delle pulsazioni e le trasmette all'apparecchio, che le riporta sulla striscia di carta, da cui si ha il "tracciato "del battito. Il secondo strumento è un misuratore meccanico delle contrazioni uterine, che viene posizionato sul fondo dell'utero: quando questo si contrae, effettua una pressione sul rilevatore, che la trasmette all'apparecchio e ne riporta l'esito sulla striscia di carta.

Perché serve.

L'esame serve per rilevare la variabilità del battito cardiaco del feto e verificare se le pulsazioni sono nella norma: il numero di queste, per adattarsi alle diverse esigenze dell'organismo del feto, deve oscillare mediamente tra 120 e 160 battiti al minuto (questa è la media di tutta la gravidanza; la frequenza tende a decrescere con il procedere della gestazione e raggiunge alla nascita le 110 pulsazioni al minuto). Le pulsazioni rimangono costanti solo mentre bambino dorme o se vi è una sofferenza fetale. Se il battito è costante, quindi, per valutare esattamente la frequenza delle pulsazioni, si deve attendere il piccolo si svegli: l'esame può quindi protrarsi anche per 40-60 minuti o più. I ritmi circadiani (l'alternanza cioè delle fasi sonno-veglia) del feto sono infatti molto ridotti: ogni fase dura 40 minuti circa.

Si può usare anche il computer.

Il monitoraggio del feto può essere effettuato anche con il computer. In tal caso di dati rilevati dai trasduttori vengono inviati a un computer, che li elabora e fornisce il tracciato del battito e la sua lettura, evidenziando eventuali anomalie. Il computer può segnalare le decellerazione del battito o indicare se il tracciato non è stato eseguito in maniera corretta oppure può indicare una scarsa variabilità del battito, che potrebbe segnalare un problema del feto. L'interpretazione finale dell'esame deve essere effettuata comunque dal medico o dal personale competente.

Chi lo effettua.

Il monitoraggio del battito cardiaco viene effettuato nella divisione di ostetricia e ginecologia dell'ospedale in cui è seguita (o è ricoverata) la futura mamma; l'esame viene eseguito dal ginecologo o dall'ostetrica che abitualmente segue l'andamento della gravidanza.

Quando si fa.

L'esame viene eseguito, insieme ad altri accertamenti, in alcuni casi. Ecco e più comuni.

1 in prossimità della data presunta del parto, quando la futura mamma viene ricoverata in ospedale, perché sono iniziate le contrazioni e si è quindi avviato il travaglio (la prima fase del parto).

2 se la gravidanza si protrae oltre il termine e i medici si vogliono accertare che il piccolo sia nutrito correttamente dalla placenta e continui a crescere bene. In questo caso il ginecologo consiglierà la futura mamma di recarsi in ospedale per effettuare il monitoraggio regolarmente, per esempio a giorni alterni, in modo da tenere la situazione sotto controllo.

3 durante le ultime settimane di gravidanza, in presenza di un problema di salute della futura mamma oppure del feto: nel caso in cui, per esempio, ci sia un sospetto di ritardato accrescimento fetale (se cioè il bambino in utero dovesse risultare più piccolo della media) oppure se la mamma soffre di particolari disturbi (come per esempio il diabete gravidico o la pressione alta), che potrebbero nuocere allo sviluppo del feto.

I risultati.

Il monitoraggio dura circa 30 minuti. In questo arco di tempo le pulsazioni del feto vengono registrate su una striscia di carta (simile a quella usata per l'elettrocardiogramma ) e possono essere contemporaneamente ascoltate anche dalla mamma, tramite un amplificatore interno all'apparecchio, che permette di sentire in diretta il battito del bimbo. Dall'apparecchio esce poi la striscia di carta dov'è segnato il tracciato relativo al battito (se rientra nella norma appare in genere "seghettato"). Come detto sulla striscia viene anche indicata l'attività contrattile dell'utero (questa tracciato, posto più in basso nella striscia di carta, è piano, con alcune "punte"). Il medico legge poi i tracciati, li interpreta e scrive il referto (cioè l'esito) dell'esame.

Gli altri controlli utili.

L'ecografia (clicca qui per un'approfondimento).

Ecografia può essere eseguita al termine della gravidanza, prima o dopo il monitoraggio del feto. Consente di verificare la quantità di liquido amniotico (in cui è immerso il feto), che dev'essere sufficiente a garantire il benessere del piccolo. Una diminuzione del normale quantità può segnalare una breccia nel sacco amniotico, "involucro" che protegge il bambino, oppure un riassorbimento dello stesso, a causa di un'insufficienza (cioè una ridotta funzionalità) della placenta, che non ne produce più una quantità sufficiente. L'ecografia consente inoltre di verificare la posizione e la vitalità del bimbo (in base anche ai suoi movimenti) e l'aspetto della placenta, che, in caso di gravidanza oltre il termine (che si protrae cioè oltre la data presunta del parto), potrebbe "invecchiare", cioè deteriorarsi, perché non correttamente irrorata dalla circolazione materna. In questo caso la placenta appare come raggrinzita è tende ad atrofizzarsi e rimpicciolirsi.

L' amnioscopia.

La amnioscopia è un esame che viene eseguito quando la gravidanza si protrae oltre il termine. Tramite uno strumento metallico, inserito attraverso la vagina, viene proiettato nell'utero un fascio luminoso, per controllare la presenza e il colore del liquido amniotico. La colorazione scura o olivastra, dovuta alla presenza di meconio (sostanza di rifiuto del feto), segnala una sofferenza fetale e indica che è il caso di avviare il parto. Se il liquido è trasparente, vuol dire che la gravidanza sta procedendo bene. L'amnioscopia in passato era molto usata, oggi tanti medici preferiscono il monitoraggio del feto associato all'ecografia e quindi l'esame amnioscopico (che può accelerare l'avvio del parto) è praticato solo in alcuni ospedali ed esclusivamente se la gravidanza si protrae oltre la quarantesima settimana. 

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